L’attentato
È il 10 luglio 1976 a Via Mogadiscio – Roma. Vittorio Occorsio esce dal garage della sua abitazione, a bordo della sua Fiat 125. È diretto in Tribunale – VII sezione penale – per il suo turno, nel suo ultimo giorno di lavoro prima delle ferie. La città, è ancora invasa da scritte contro il magistrato, non ha più la scorta da più un mese,
La vettura si ferma per immettersi su via del Giuba, due raffiche di mitra raggiungono l’auto: la prima, diretta al parabrezza, colpisce Vittorio Occorsio frontalmente, la seconda – da distanza ravvicinata e mentre il magistrato tenta di fuggire dall’auto – lo uccide. Sul luogo Saranno rinvenuti più di 30 bossoli.
Sul corpo del dott. Occorsio e all’interno della vettura gli inquirenti troveranno volantini con l’intestazione: “Movimento Politico Ordine Nuovo”. Sotto il simbolo dell’ascia bipenne il sottotitolo: “La giustizia borghese si ferma all’ergastolo, la giustizia rivoluzionaria va oltre”.
Vittorio Occorsio è il secondo magistrato a cadere per mano terrorista; il primo ad essere ucciso da esponenti dell’eversione di destra. Un altro magistrato rimarrà vittima della recrudescenza omicida dell’eversione di matrice fascista: il Sostituto procuratore della Repubblica di Roma dott. Mario Amato, colui il quale “proseguirà” il lavoro di Vittorio Occorsio, e ne condividerà la medesima situazione di isolamento e la stessa tragica fine.